Al mio ritorno in Italia, per un pò ci ho rinunciato a quell’”altrove” che mi chiamava, a quella vita diversa, e iniziai a lavorare dove trovavo, concedendomi solo qualche viaggio quando era possibile. Ogni volta prima di partire mi ritrovavo a voler mettere su carta itinerari e programmi di viaggio, affascinata dal processo, che mi veniva del tutto naturale, e poi a vivere il viaggio come un’esperienza che mi lasciava dentro cose inspiegabili. 
Fino a quando una notte, guidando a casa dal lavoro, erano più o meno le due e avevo appena finito il mio turno da cameriera al bar, frustrata dalla vita che mi stavo costruendo, stavo ascoltando “Sally” di Vasco alla radio ad un volume altissimo. Ero così incazzata e presa dalle parole della canzone, che scoppiai a piangere, tanto che le lacrime mi annebbiavano la vista, tanto che dovetti accostare per calmarmi un attimo.
Quella notte, nel letto, il mio Google cercava una sola cosa: 
“esiste il lavoro di organizzare itinerari, viaggi, venderli?”. 
Può sembrare assurdo, ma io non ne sapevo nulla. 
E allora ho capito. Ho capito cosa volevo fare, per cosa ero destinata. 
Mi licenziai dal lavoro che mi stava stretto e l’autunno successivo iniziai a studiare e formarmi nel settore dei viaggi e dell’ospitalità. Ed è proprio grazie al mio percorso di studi e ai tirocini fatti che ho scoperto le figure del Travel Designer e dello Storyteller, e ho capito per cosa ero fatta. 
Da lì è nato tutto, anche le basi di “Exploring Rainbows” ideate insieme alla mia Tesi di Laurea che aveva come titolo “La boutique dei viaggi sartoriali: un modello di business innovativo per agenti di viaggio e nomadi digitali”.